Un energico dinamismo di corpi invita lo spettatore ad abbandonare i propri preconcetti e a lasciarsi travolgere da una cultura, quella marocchina, fatta di acrobazie, ma anche canti, poesie e lamenti che si rifanno a una tradizione molto antica. A promuovere il dialogo tra tradizione popolare e contemporaneità ci pensa il Groupe Acrobaqtique de Tanger, composto da 14 artisti di cui 12 attori e due musicisti, tutti rigorosamente consaguinei.
Il cuore di questo gruppo di artisti è infatti la leggendaria famiglia marocchina Hammich, che affina da sette generazioni l’arte acrobatica che, nata da una tradizione guerriera, combina piramidi umane, ruote e salti. Viaggiando per il mondo con i loro spettacolari atti di caduta e bilanciamento, nel 2003 hanno incontrato Sanae El Kamouni, che li ha introdotti al regista francese di teatro contemporaneo Aurélien Bory.
“Il nostro obiettivo era semplice: dare nuova vita all’acrobazia tradizionale marocchina attraverso la creazione contemporanea”, ha affermato in un’intervista Sanae e, proprio sotto la sua guida, i componenti del Groupe hanno messo in scena spettacoli in cui la narrazione libera mettesse in risalto gli aspetti contemporanei e tradizionali della cultura araba, in cui l’eccezionale coreografia si sposasse in modo armonico con la grazia, la forza e l’eleganza del gesto acrobatico.
Tutti elementi che si ritrovano anche nella loro ultima creazione artistica, a dieci anni dalla nascita della compagnia, Halka.
In lingua araba il termine designa un luogo di divertimento e risate. È intorno a questo cerchio immaginario costituito dalla folla che si riunisce attorno alla piazza, che si esibiscono da tempo immemorabile narratori, cantanti, incantatori di serpenti e saltimbanchi. Halka simboleggia il ritorno alle proprie origini.
La luce si ispira alle variazioni luminose di Tangeri. Gli artisti suonano in un ambiente nudo, come su una piazza pubblica o sulla spiaggia dei loro esordi.
Le loro abilità, potenti e singolari, intessono un dialogo fatto di tecnica, musica tradizionale, poesie, pianti, canzoni e percussioni, in cui gli acrobati giocano con elementi apparentemente semplici ma dal forte simbolismo, per condividere le loro storie personali e collettive con il pubblico. Un’occasione per esplorare le contraddizioni del loro mondo tra sacro e profano, il gusto per la spettacolarità e la presenza dell’invisibile, mostrando come l’arte acrobatica sia stata in grado di attraversare le contraddizioni geografiche, culturali, di genere e di classe.